La televisione non esiste: sono solo figurine

La Televisione è di/per chi la fa
 trascrizione dell’intervento di Giacomo Verde al seminario
 “La TV per i bambini tra edutainment e educational. Nuovi linguaggi per nuove generazioni”
Roma 25-26 giugno 97
Auditorium RAI di Via Mazzini.

Giacomo Verde : Vorrei ringraziare Antonio e Felice di avermi messo da ultimo, così farò pochi danni. Francamente parlo fra amici, quindi dirò più o meno cose che già sapete, le ridico così vengono registrate.
Devo dire una prima cosa: arrivando qua al convegno, mi ero illuso che ci fossero delle speranze - posso partire in maniera cattiva? - delle speranze sulla possibilità di fare qualcosa per i bambini all’interno di una struttura come la RAI. Alla fine di questo convegno invece ho delle speranze molto affievolite,  vedo molto difficile riuscire a fare qualcosa. Il sottotitolo del mio intervento è “La Televisione è di/per chi la fa”, e questi due giorni di seminario mi hanno convinto più che mai che veramente la televisione è di/per chi la fa: la televisione la fanno gli adulti, non c’è ombra di dubbio,  perché il fare televisione investe economie, poteri e competenze politiche controllate dagli adulti, quindi ai  bambini non resta che subirne semplicemente le conseguenze, sulle quali non possono influire perché non votano. Molto semplice.
Il giorno in cui i bambini voteranno forse si organizzerà qualcosa di veramente serio per ascoltare quali sono le loro esigenze.
 

A questo punto, per quello che ho sentito finora, mi sembra che di attenzione nell’ascoltare ciò che i bambini hanno da dire, per farci capire cosa vivono sulla propria pelle, non cene sia molta.
C’è un’altra questione importante: io, nel corso della mia attività di videoartista indipendente e outsider, mi sono accorto di due cose:
La prima è che la televisione non esiste.
Questa è una frase che uso spesso, e sono costretto a dire che la televisione non esiste, perché purtroppo si dà troppa importanza nella nostra società, nella nostra cultura, alla televisione e alle immagini televisive. Si dà un tipo di importanza che è pericolosissima, ovvero si tende a confondere l’immagine della cosa con la cosa, si pensa semplicemente che trasmettere, far vedere, rappresentare una cosa sia far vedere quella cosa, mentre invece non è così. Non so se ricordate il famoso dipinto di Magritte “Questa non è una pipa”, dove si vedeva chiaramente che il disegno di una pipa non è la pipa ma è il disegno della pipa. Saper riconoscere la differenza tra l’immagine e la cosa è una cosa fondamentale di questi tempi (scusate il bisticcio sulla parola cosa). Purtroppo invece su questo fraintendimento si basa tutto il sistema della comunicazione, sul fatto che la cosa viene confusa con l’immagine della cosa, e ci si gioca su questa confusione fino a costruire imperi di potere, imperi economici non indifferenti. E’ molto difficile per me riuscire a fare qualche discorso se non si comincia a mettere in discussione questo primo fatto.
La cosa paradossale è che, per esempio, i bambini sanno molto bene che la cosa non è l’immagine della cosa. I bambini sono un problema per gli adulti. É un po', perdonatemi la battuta, come la marijuana. La marijuana è un problema per chi non la fuma (ne ha il terrore) chi la fuma sa benissimo che non è un problema. E i bambini sono lo stesso problema, è lo stesso punto, sono un problema per gli adulti perché mettono continuamente in crisi la visione del mondo organizzato dagli adulti. Rispetto anche al rapporto tra immagine e realtà, i bambini lo conoscono abbastanza bene, hanno veramente gli strumenti di partenza per rendersi conto che la televisione non è la realtà, e sanno giocarci sullo scarto tra televisione e realtà. Faccio un esempio. Io tra le varie attività animo, in tempo reale, un personaggio virtuale con un Cyberglove. Cosa succede? Il personaggio appare in video e parla con le persone che stanno di fronte allo schermo, gli adulti pensano inizialmente di parlare con un computer, poi man mano che il discorso va avanti si accorgono che non è un computer che parla ma una persona che usa l’immagine del computer per parlare con loro. Gli adulti quando si accorgono di questo si “smarronano”, dicono “Ah, che schifo! Pensavo di parlare con un computer invece parlo con una persona”. Per i bambini invece, quando si accorgono di questo, non è una delusione (anche se c’è un attimo di delusione comunque non è annichilente) imparano subito come rapportarsi a questa situazione, pensano “Benissimo, c’è una persona dietro, ok! è un’occasione in più”. Cominciano a parlare con il personaggio e se sentono qualcosa che non gli piace vengono dove sono io, perché mi metto sempre in una posizione raggiungibilissima dallo spettatore, e mi dicono “Oh, la vogliamo smettere. Questo personaggio mi deve rispondere così, così e cosà. Lo facciamo?”. Tornano davanti e ricominciano a giocare, a giocare molto seriamente, con la coscienza dello scarto tra l’immagine e la “realtà che ci sta dietro”. Ecco questo è un aspetto del problema: non riuscire, come adulti, a capire la possibilità e la valenza del giocare lo scarto tra immagine e realtà, prendiamo tutto molto seriamente, dimenticandoci delle possibilità offerte dal giocare.

Un’altra cosa, è il “discorso” che fa confondere le immagini con l’esperienza; quando dico che la Tv non esiste lo dico per rompere uno stereotipo percettivo che ci ha abituati a credere che la televisione debba rappresentare la realtà, mentre invece “non esiste”, perché le immagini di per se non sono mai la realtà, ma sono appunto la rappresentazione della realtà e soprattutto sono “funzioni psichiche” che vengono attivate attraverso la visione e la percezione delle immagini.
Per esempio c’è questo terrore delle immagini violente nei confronti dei bambini, si dice che la Tv non deve essere violenta; questo è un bluff terribile, è una cosa stupida, il problema della violenza non è nella televisione, il problema della violenza è fuori. I bambini anzi, molti bambini, i più svegli, i più attenti, ai quali è stata data la possibilità di verificare lo scarto tra immagine e realtà, amano moltissimo i film di violenza, i film di orrore, dove si vedono squartamenti, “splatter” e così via. Perché per riuscire a vedere quelle immagini, a godere di quelle immagini, bisogna avere una alta competenza linguistica. Agli adulti abituati a confondere realtà e immagine fa schifo vedere film dell’orrore. Vedere uno squartamento in televisione è una bellissima possibilità, perché io posso provare questo tipo di emozione (attivare questa funzione psichica) senza farmi niente, è un’emozione bellissima, perché “sperimento” qualche cosa di pericoloso senza farmi niente.
Per esempio io ho fatto un video con dei ragazzini delle medie, e ad un certo punto lavorando a questo progetto è venuto fuori che volevano girare un video dove loro si trasformavano in zombie e assaltavano la scuola, la saccheggiavano, processavano per finta gli insegnanti, li torturavano, dopo di che li uccidevano e poi distruggevano la scuola e tutto quanto. Immaginate cose terribili, c’erano delle insegnanti che erano terrorizzate, c’era un’insegnante di Educazione Artistica che mentre un ragazzo di origine araba stava descrivendo le più incredibili  torture da fare all’insegnante di Italiano, lei mi è venuta vicino e mi ha detto che doveva uscire: non resisteva. Però questa cosa i ragazzi la scrivevano e la giocavano, in un certo senso, conoscendo questa possibilità del mezzo, di mettere in scena questo orrore, è stato l’adulto, l’insegnante che ha avuto terrore di questa possibilità di mettere in scena l’orrore; i ragazzi avevano il diritto di metterlo in scena e di mostrarlo, perché capivano abbastanza bene che l’immagine non è la realtà. (O piuttosto sentivano che l’immagine gli permetteva di esprimere una realtà indicibile). Poi la cosa paradossale è stata questa, per farvi capire quanto il problema della violenza sia male interpretato. Ho chiesto ai ragazzi di interpretare il ruolo dell’insegnante. C’era una bambina molto timida che ha detto: «Posso provare io a fare l’insegnante?» E io le ho detto “vieni, e facci vedere come fa l’insegnante.” Lei si è alzata e ha incominciato a gridare: «É ora di finirla, basta!!! state zitti!!!»  battendo in maniera violentissima il registro sulla cattedra. Era terribilmente violenta. Questa è la loro immagine degli insegnanti. Quindi qual è il problema della violenza? Visto dov’è la violenza? ...

La seconda riflessione che volevo fare è proprio sul fatto che “la televisione è di chi la fa”. Come sempre succede solo se tu “fai” qualche cosa la comprendi fino in fondo, ma noi viviamo in un sistema dove si confonde informazione con educazione: si pensa che dare informazioni attraverso la televisione sia fare educazione, ma è sbagliatissimo perché dare informazioni non significa fare educazione. (E questo collega il discorso della televisione che “non esiste” a quello che “la televisione è di chi la fa”). L’educazione è una cosa molto più complessa, è una cosa che coinvolge tutti quanti i sensi, coinvolge la tridimensionalità dell’esistere, tutto quanto il campo esperienziale, non solo nei bambini ma in tutti quanti noi. Solo se si tiene conto di tutti gli elementi necessari a realizzare una “esperienza” si può fare veramente educazione. Quando si mostrano delle immagini non si fa educazione, e spesso nemmeno informazione, ma si danno favole, storie fantastiche e immaginarie, anche nei tg. I tg sono il più alto momento di fiction che c’è nella televisione, non è vero che è realtà, non può essere la realtà. Tanto è vero che il tg è costruito in modo da avere sempre un lieto fine, finisce sempre con la cultura e le informazioni sullo spettacolo: deve finire bene il tg, come le fiabe. A me viene da ridere quando si parla del tg per i bambini, quando si parla di regole che garantiscano la “pulizia” nel tg per i bambini, e anche quando si parla di regole e capacità professionali dei giornalisti. Stamattina c’è stata una signora del CENSIS che ha parlato di una ricerca che riportava il seguente dato: il 75% dei giovani leggono le notizie o usano la notizie come fonte di divertimento e non come fonte di informazione. Così, mi viene da pensare, i giornalisti che hanno provocato il 75% di divertimento nei giovani, nel tentativo di informarli sulla realtà, adesso vengono chiamati a fare il tg anche per i bambini, quindi per farli divertire, per dare questo tipo di indicazione definitiva anche ai ragazzini: in modo che si rendano conto, fin da piccoli, che il telegiornale è una cosa veramente divertente. Chissà se i giornalisti sene rendono conto? Io penso veramente che tutta l’informazione può essere fatta onestamente, ed i tg specialmente, soltanto se si parte dalla coscienza di questo concetto di base: deve essere divertente; perché la tv è costruzione di immaginario e non informazione sulla realtà. Non so se capite la differenza tra costruzione dell’immaginario e informazione sulla realtà. Tutta la televisione è costruzione dell’immaginario, non è mai informazione sulla realtà, perché non si può raccontare quello che accade ma solo l’immagine di quello che è accaduto, mi sembra quasi banale, veramente.

Un’altra esperienza che ho fatto è stata la Minimal TV, con il gruppo “Quinta Parete” di Empoli, dove ho capito veramente che la televisione è di chi la fa. La Minimal Tv è una sciocchezza, veramente una sciocchezza. Una delle caratteristiche di questa esperienza è l’uso di bassa tecnologia, tecnologia povera, a disposizione di tutti: perché appunto mettendo mano ai Vhs, ai videoregistratori e alle cose che tutti quanti hanno in casa, si può iniziare a capire come funziona questo “mostro televisione”, a capire che poi non è così mostruoso ma è fatto da persone, è fatto da voi. Sono persone che  fanno la tv insomma: dov’è questo mostro? siamo tutti qua... Mentre invece in generale la gente che guarda la televisione, e questo è un po' colpa di chi fa la televisione, vive tutto il sistema televisivo come qualcosa di mostruoso, di gigantesco, di inavvicinabile, per cui o spegni la televisione o l’accetti per quello che è: altrimenti che gli fai? Come puoi intervenire? Per arrivare qui ci vuole il pass., per esempio; un esempio stupido? (Non è un caso, ma forse esagero, che qua nello stesso palazzo della RAI c’è un ufficio di polizia, non so se vi rendete conto.)

Adesso mi viene in mente che è veramente dura fare qualcosa per i bambini con la tv: ci sono di mezzo tantissime cose, c’è una percezione del mondo e della comunicazione che va di per se contro quelle che sono le esigenze cognitive dei bambini: loro vogliono crescere, vogliono conoscere il mondo, vogliono conoscerlo attraverso tutti quanti i sensi, vogliono fare, mentre invece ci troviamo in un “mondo adulto” dove l’educazione, la comunicazione e così via si basa sull’annullamento dei sensi, sulla separazione fra mente e corpo, dove c’è una mente poliziesca che deve gestire e controllare un corpo che è considerato almeno imbarazzante. Tutto il sistema della comunicazione si basa su questo dato di fatto, sull’accettazione di questo dato di fatto. E se non si mette in discussione questo “dato di fatto” ...

Allora dicevo: la Minimal Tv è fatta di bassa tecnologia, Vhs e così via, collegata da un piccolo studio, con una scrivania, una telecamera, un piccolo mixer, un piccolo computer, a dei televisori messi in strada.
Abbiamo fatto questa esperienza in tre paesi, anche durante una sagra.  La cosa interessante è che dopo un po' la gente che vedeva le trasmissioni in strada (con il palinsesto fatto da un solo conduttore, un inviato speciale e da sciocchezze varie che però non erano semplicemente la parodia della televisione ufficiale) ha cominciato a prendere in mano la tv senza scimmiottare quelli che sono i generi televisivi.
Di solito quando un “videoamatore” prende una telecamera cerca di scimmiottare la televisione, fa il verso alla pubblicità, fa il telegiornale, fa l’avanspettacolo. Invece nel momento in cui si dà alla gente un tipo di input diverso, vengono fuori delle modalità comunicative, di messa in gioco della propria immagine e dell’immagine sociale del paese, che paradossalmente quasi contraddicono quelle che sembrano essere  logiche assodate della comunicazione televisiva. Allora mi viene da pensare: chi l’ha detto che la televisione che vediamo in giro deve essere fatta così? Se basta dare un piccolo input, un piccolo scarto percettivo e la gente (gli anziani, i bambini) inizia a “giocare e percepire” la televisione sapendo che è un gioco da prendere seriamente? Cioè tornando a rivalutare quella che è una sapienza dei bambini, che è appunto quella di giocare molto seriamente?
Quindi se si volesse fare veramente qualche cosa per i bambini, la prima cosa da fare è immaginare un’altra televisione, per poi cambiarla mentre la si fa, essere disponibili a mettersi in gioco, immaginare delle modalità produttive che siano completamente altre dalle modalità produttive della televisione come è fatta adesso.
Non c’è altro da fare, bisognerebbe capire come, per esempio, entrare in contatto con situazioni di base, non solo le scuole, ma anche la piazza, la strada, dove mandare non delle troupe televisive, ma delle persone con la telecamera, che sappiano parlare, che sappiano giocare con i bambini e che sappiano ascoltare e riuscire anche ad autocriticarsi per quello che stanno facendo. Bisognerebbe riuscire a immaginare qualcosa del genere, che parta dalla strada, che torni nelle case e che abbia delle modalità di produzione e di creazione delle immagini che non sono quelle che purtroppo vediamo (per la fortuna di molti pochi adulti) adesso.

Ho detto quasi nulla.

Ciao
 

Giacomo Verde
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immagini dal Lab. Ragazzi Primo Video
e dal Video "Vanita' de Vanita'" 1991

ospite di C-Lab.it

Giacomo Verde
E-mail: info@verdegiac.org

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