COCA-COLA: BIMBI, PALLONI E BOLLICINE
Se chiedete a Shehzadi come va a scuola, scoppia a piangere. Piange perché si vergogna: ha 11 anni, frequentava la quarta elementare, ma è appena stata bocciata. Non perché a scuola non andasse bene. Anzi, a Schehzadi piace. Ma questanno i suoi genitori non avevano le 300 rupie (12.600 lire) necessarie per iscriverla allesame. Quindi niente da fare: dovrà ripetere la quarta. E chissà se potrà mai ripetere le elementari.
Schehzadi è la bambina ritratta nella fotografia mentre, accucciata sul pavimento di casa, cuce palloni rossi e neri che portano contemporaneamente 3 marchi: quello della Coca-Cola, quello Fifa e quello dei Mondiali 98 di Francia. Vive in una località vicino a Sialkot, nel Pakistan occidentale. Di solito cuce due palloni di calcio al giorno. Le basterebbe la paga di 10 palloni per pagarsi le tasse scolastiche, ma ogni rupia che riesce a guadagnare, viene destinata alla pura sopravvivenza della famiglia.
Schehzadi e la sua famiglia sono stati fotografati nel marzo 1998 da Stefan Durwael, il direttore generale della centrale olandese del commercio equo (Fair Trade Organisazie). Quindici giorni fa una missione italiana di TransFair, lorganismo internazionale che certifica lorigine etica dei prodotti del commercio equo e solidale, è tornata a Sialkot. I 5 componenti del gruppo si sono visti puntare i fucili addosso mentre filmavano gli esterni di una fabbrica che aveva fatto dipingere un cartello fuori dal cancello: "No Child Labour Here", qui non cè lavoro minorile. Costretti ad entrare nella fabbrica il proprietario ha spiegato che la sua azienda era vittima di un complotto, perché i palloni ritratti nelle fotografie erano destinati proprio a lui. Ma ha aggiunto che quelle foto erano contraffatte. A Sialkot la tensione è altissima. Lattivista dei diritti umani che ha guidato gli uomini di TransFair nelle case dove si cuciono i palloni che riproducono il marchio Coca-Cola e di altri grandi nomi internazionali è stato bersaglio di due attentati. Persino suo fratello è stato minacciato di morte. La Talon, la prima azienda di Sialkot ad accettare di produrre palloni eliminando da subito e al 100% il lavoro minorile e pagando stipendi molto più alti della media, è nel mirino dei servizi segreti pakistani.
Quello dei palloni cuciti a mano è un business con margini alti quasi quanto quelli del commercio di stupefacenti. "Un pallone che viene messo in vendita in Europa per almeno 50mila lire in Pakistan viene retribuito poche centinaia di lire, affermano i responsabili di TransFair Italia. Anche raddoppiando la paga dei cucitori, il costo resterebbe bassissimo".
Ma ad Atlanta Ben Deutsch, responsabile delle relazioni pubbliche della Coca-Cola, afferma: "Queste sono accuse che noi prendiamo molto seriamente e su cui indagheremo a fondo, perché la Coca-Cola è profondamente contraria a qualsiasi violazione dei diritti umani e dei lavoratori. Se alla fine scopriremo che un nostro fornitore ha fatto uso di lavoro minorile, allora troncheremo qualsiasi rapporto daffari e gli faremo causa. Ma siamo convinti che si tratti di una contraffazione". Per iscritto il comunicato diffuso usa una terminologia più cauta e recita: "Dopo aver ricevuto queste denunce, tutte le misure anti-lavoro minorile sono state rinforzate e al sistema interno è stato ordinato di essere vigilanti nei confronti di questo problema".
Riccardo Orizio
FONTE: CORRIERE DELLA SERA — MAGGIO 1998